mercoledì 24 febbraio 2010

Ambiente Italia: un disastro insanabile.

E' noto da anni che l'Italia è oggetto della più tremenda speculazione edilizia senza che nessun ente pubblico di controllo abbia mai frenato gli eccessi.
Solo in questi ultimi mesi, dopo le catastrofi naturali (?), il faro dei media si è interessato a ciò che si vede in ogni angolo d'Italia: case costruite sui greti dei fiumi, sulle golene, sui torrenti, sui pendii instabili e tante altre porcherie che l'uomo inventa senza tener conto delle conseguenze.
Ci si domanda però se questa eco che si sente da un giornale all'altro non sia il prodotto di una articolata campagna politica contro l'attuale governo per le prossime elezioni regionali: auguriamo che non sia così e non per amore del governo, ma quello per l'Italia!

Quindi la situazione è grave e rende necessario l'intervento per rimediare, se sarà possibile, e correggere quanto è ancora salvabile.
Gli interventi sono molto costosi e i tempi perché essi possano attuarsi sono molto lunghi (decenni), ma possono rappresentare una certa valvola di sfogo per la nostra economia che è troppo impegnata a produrre beni certamente inutili e superflui.

Nella realtà si scopre che i tassi di crescita di edificabilità hanno dei valori impressionanti e non seguono di pari passo l'accrescimento della popolazione.
L'Istat ci dice che negli anni tra 1995-2006 i comuni italiani hanno rilasciato licenze per costruire per 3,1 mld di mc. Nel 2006 l'aree urbanizzate includevano il 6,4% del territorio con un incremento del 15% rispetto al 1991. Se traducessimo questi numeri in valori economici sapremmo quanto la speculazione ha guadagnato e quanto le casse dello stato ne han sofferto.

In Italia non esiste un piano di edilizia comune: ogni regione, comune o provincia fa qual che gli aggrada a seconda delle convenienze economiche e politiche del momento. Le licenza vengono date seguendo delle regole che per capirle dovrebbe intervenire un alchimista, tanto sono complesse e impossibili da applicare. Cosa questa che facilità, nella confusione e nel disordine totale, la crescita incontrollata di edifici senza la benché minima regolamentazione.

Mentre nei paesi confinanti (Austria, Francia e Svizzera) i Piani Regolatori Nazionali prevedono delle regole ben precise che debbono essere rispettate da tutti, in Italia il piano regolatore nazionale, in vigore dal 1942, non è stato mai assoggettato ad una profonda e totale riesamina delle diverse realtà regionali. Indicazioni sommarie, regole poco certe e opinabili, tant'è che i disastri di questa mancata regolamentazione la vediamo tutti i giorni.

In queste condizioni non è possibile pensare che in oltre 50 anni di disastri il nostro territorio sia esente da qualche malanno. Anche gli esseri umani se non curano la propria salute, con alimentazione, esercizio fisico, regole certe e quant'altro, dopo qualche anno presenteranno delle sofferenze che li porterà irrimediabilmente dal medico. Così anche per il nostro territorio, strapazzato, sovvertito, sconquassato in questi decenni di incuria, comincerà a lamentare qualcosa: inondazioni, frane, dissesti idraulici.

Lì dove c'erano campi, coltivazioni e nuclei bene integrati con la terra, adesso possiamo trovare discariche, quartieri fantasma abitati solo di sera fino al mattino, costruzioni che salgono dalla terra come per un'improvvisa idea della natura di produrre aborti di cemento e ferro senza una logica e senza un equilibrio con la natura circostante. Appare agli occhi come la scelta di un pazzo, di un disegno folle, di una entità che non vive nella nostra terra, ma che in essa ha trovato lo scopo dalla quale mungere denaro e potere, ma a che prezzo?

Il prezzo è quello che paghiamo tutti i giorni: strade intasate, inondazioni, frane, smottamenti, cantine allagate per una pioggerella, dissesti forestali di proporzioni immani. Solo che non lo vediamo di continuo e quando succede si corre a tamponare con il ditino della protezione civile, con quello delle regioni e con la forza d'animo di molte persone che sperano in un miracolo. E' difficile ammettere, ma la spesa per sistemare tutto questo sconquasso potrebbe tranquillamente essere di qualche centinaio di miliardi di euro.
Chi paga? Nessuno! Solo che noi, i nostri figli e coloro che verranno, se non sarà peggio ancora,
dovranno sobbarcarsi l'onere di sistemare, se vorranno e a loro spese maledendo le generazioni passate per il totale disinteresse della cosa pubblica, ma anche privata!

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